“L’Eneide” e’ una delle opera piu’ famose del poeta Publio Virgilio Marone. Si tratta di un poema epico, scritto in esametri dattilici e suddiviso in dodici canti. In totale, “L’Eneide contiene 9.896 esametri che trovano l’ispirazione nell’Iliade e nell’Odissea di Omero. Virgilio ha messo i suoi ultimi dieci anni della vita per completare L’Eneide, tra il 29 a.C e il 19 a.C.
Quello che Virgilio intendeva narrare e’ la storia e la fondazione della citta’ di Roma. In questo poema epico attraverso dodici canti Virgilio ci narra le avventure dell’eroe Enea e degli altri Troiani e come alla fine riescono a salvarsi la vita dalla citta’ di Troia. I canti possono essere divisi in due gruppi: i primi sei canti parlano dei vagabondi di Enea e dell’arrivo alla sua citta’ favorita, Cartagine, e dopo alla citta’ di Lazio: mentre altri sei canti narrano la guerra tra lui e i suoi seguaci contro i Latini.
L’Enea e’ un eroe che riesce a scappare da Troia-la citta’ distrutta e caduta nella guerra, a raggiungere la citta’ di Cartagine, ad approdare finalmente nell’Italia (nel Lazio), dove la citta’ di Roma e il popolo romano saranno fondati. Dopo lunghi sette anni del suo errare per i mari, Enea arriva a Cartagine dove incontra la regina Didone. Lei lo accoglie, rimane commossa e subito s’innamora di lui. Enea all’inizio decide di rimanere con lei, pero’ Giove lo rimprovera ricondandogli la sua missione che va compiuta, cioe’ secondo la profezia degli Dei Enea dovrebbe fondare l’Italia e cosi’ diventare il primogenito del popolo romano. Anche se malvolentieri, l’eroe abbandona Didone, che poi addolorata decide di morire suicidandosi con la spada regalatale da Enea. Enea e i Troiani riprendono il loro viaggio e dopo vari vagabondaggi arrivano presso il re dei Latini. Lui li accetta tutti e anzi offre la mano di sua figlia Lavinia ad Enea perche’, secondo una profezia, sua figlia dovrebbe sposare uno straniero. Pero’, neanche qui Enea trova la pace e da quel momento inizia una lunga battaglia contro i Latini in cui Enea, appena dopo il consenso di Giunone, riesce a sconfiggere Turno e a porre le basi di una nuova citta’ che dopo sara’ esaltata come la famosa ed eterna citta’ di Roma.
Come e’ gia’ menzionato prima, la trama dell’Eneide” si praticamente basa sulla mitologia greca e romana che compare spesso nell’Iliade e nell’Odissea. Pero’, questo non e’ lunico legame tra Virgilio ed Omero. Virgilio potrebbe essere collegato all’Omero anche nella parte in cui Enea scende nel regno dei morti per vedere suo padre (mentre Ulisse scende nell’Ade per apprendere quale destino lo aspetta). Anzi ci sono alcune immagini incise nella spada di Enea regalatagli da Venere, mentre nell’Iliade l’eroe Achile possiede una spade simile.
Genere letterario: poema epico, poema nazionale
Luogo dell’azione: la citta di Troia, Cartagine, Lazio
Tempo dell’azione: un periodo del lontano passato, dalla caduta di Troia all’arrivo di Enea nell’Italia (la guerra di Troia duro’ per 10 anni, dal 1194 al 1184 a.C)
Il tema dell’opera: vagabondaggi dei Troiani ed Enea in cerca di una nuova patria, dopo la caduta di Troia
Riassunto
Primo libro
Nel primo atto Enea e i suoi seguaci (il suo popolo), dopo molte disgrazie e peripezie sul mare, tempeste e onde, raggiungono finalmente la citta’ di Cartagine. Sono gia’ sette lunghi anni che Enea insieme ai Troiani sta vagando per mari ed ora non desidera nient’altro che arrivare sulle coste dell’Italia per poter continuare a vivere tranquillo. Pero’, Gionone, l’antica divinita’ del matrimonio e anche la protettrice di Roma, si oppone alla loro missione. Cioe’, nel proemio che precede la narrazione del primo canto apprendiamo l’origine dell’oddio e del rancore di Giunone nei confronti dei Troiani. Alla cerimonia delle nozze tra i genitori di Achile, Tetide e Peleo, una delle divinita’ Eride, la dea delle discordie, arrabbiata ed offesa per non esserci stata invitata, getta tra gli altri invitati una mela d’oro su cui c’era scritto “alla piu’ bella”. Al matrimonio c’erano anche Giunone, Minerva e Venere ed ognuna di loro pensava di essere lei la piu’ bella di tutte. Per questo Giove incarica Paride, il figlio di Priamo – l’imperatore di Troia, di dire quale di loro sia la piu’ bella. Paride annuncia che la piu’ bella e’ Venere perche’ lei promette di dargli la piu’ bella donna del mondo. Paride ottiene Elena, la moglie di Menelao – il re di Sparta, e per loro inizia la famosa guerra di Troia, mentre Giunone e Minerva erano molto arrabbiate con Paride, anche con Troia e con tutti i Troiani, incluso Enea. Inoltre, Giunone e’ piena di rabbia verso i Troiani ed Enea per aver sentito una profezia secondo cui la sua citta’ favorita, Cartagine, sarebbe distrutta dalle mani dei Troiani.
“Grande, antica, possente e bellicosa
Colonia de’ Fenici era Cartago,
Posta da lunge incontr’Italia e’ ncontra
A la foce del Tebro, a Giunon cara
Sì, che le fur men care ed Argo e Samo.
Qui pose l’armi sue, qui pose il carro,
Qui di porre avea già disegno e cura
(Se tale era il suo fato) il maggior seggio,
E lo scettro anco universal del mondo…”
Enea sta combattendo contro una gran tempesta sul mare aperto. Giunone supplica Eolo, il dio dei venti, di aiutarlo:
“Eölo, (poi che’l gran Padre del cielo
tanto ministerio ti prepose
Di correggere i venti e turbar l’onde)
Gente inimica a me, mal grado mio,
Naviga il mar Tirreno; e giunta a vista
È già d’Italia, al cui reame aspira”
Il maltempo ha danneggiato molto la flotta dei Troiani. Le loro navi erano completamente affondate e distrutte. Pero’, Nettuno appena se ne accorge, decide di intervenire e salvare la flotta dei Troiani. Col suo aiuto i Troiani riescono ad approdare sulle coste d’Africa, in Libia, in una citta’ chiamata Cartago. Ci arrivano le loro sette flotte. Di seguito Eneide si reca in giro per le coste africane con la speranza di trovare altri suoi coincittadini Troiani. Intanto, Venere, la madre di Enea, intercede presso Giove pregandolo di essere benevole verso i Troiani e di aiutarli. Giove, il Dio supremo e connesso con tuoni, fulmini e tempeste, ricorda a Venere la profezia che Enea un giorno trovera’ la sua nuova patria nell’Italia e che i suoi discendenti, Romolo e Remo, saranno i primi a fondarvi una nuova citta’, un impero piu’ potente in tutto il mondo:
“Questi, invece di manto, adorno il tergo
De la sua marzial nudrice lupa,
Di Marte fondera’ la gran cittade:
E dal nome di lui Roma diralla.”
Enea e’ in giro per le spiagge ai piedi del monte Olimpo, mentre sua madre Venere si presenta davanti a lui, travestita da cacciatrice, spiegandogli la storia della citta’ di Cartagine. Gli parla della regina Didone che e’ venuta qui fuggendo dalla sua patria e da suo fratello Pigmalione. Cioe’, Didone sarebbe dovuta sposarsi con Sicheo’, un ricco Fenico, pero’ suo fratello Pigmalione lo uccide per impadronirsi del suo ricco regno. Sicheo’ si manifesta a Didone nel sonno dicendole di dover scapparne e lei si reca verso Cartagine. Venere suggerisce a suo figlio Enea di recarsi anche lui verso Cartagine per parlare con la regina. Alla fine della conversazione Enea riesce a riconoscere sua madre e le dice le seguenti parole:
“Ahi! madre, ancora tu ver me crudele,
A che tuo figlio con mentite larve
Tante volte delude? A ch m’e’ tolto
Di congiunger la mia con la tua destra?”
Enea arriva a Cartagine e si mette a guardare come si sta costruendo il tempio in onore della dea Giunone. Didone entra nel tempio, Enea rimane nascosto, mentre il suo fido Acate le confessa di essere venuti qui stanchissimi dal lungo viaggio e la assicura di avere solo intenzioni pacifiche. Inoltre le parla di Eneide:
” Capo e re nostro era pur dianzi Enea,
di cui più giusto, più pio,
più pro’ ne l’armi, più sagace
Guerrier non fu già mai.”
Didone li accoglie benevolmente nella sua citta’ assicurandoli di trattare bene tutti i Troiani, come se appartenessero al loro popolo. A questo punto Enea si presenta:
“Rimase in chiaro Enea, tale ancor egli
Di chiarezza e d’aspetto e di statura,
Che come un Dio mostrossi: e ben a Dea
Era figliuol, che di bellezza è madre.
Ei degli occhi spirava e de le chiome.”
Quei chiari, lieti e giovenili onori
Ch’ella stessa di lui madre gl’infuse.
Tale aggiunge l’artefice vaghezza
A l’avorio, a l’argento, al pario marmo,
Se di fin’ oro li circonda e fregia.
Cotal, comparso d’improvviso a tutti.”
Didone invita Acate ed Enea ad un banchetto nel suo palazzo. Enea acconstente, pero’ chiede a Didone di portare anche suo figlio Ascanio. Manda Acate a prendere Ascanio e a portare ricchi doni per la regina. Intanto Venere viene all’idea di far innamorare Didone di Eneide. Manda alla festa suo figlio Cupido, che prende l’aspetto del figlio di Enea, Ascanio. La festa comincia e Didone con l’amore negli occhi si rivolge affettuosamente ad Enea pregandolo di raccontarle di tutte le vicende della caduta di Troia e delle sue peregrinazioni dopo la guerra che lo hanno condotto a Cartagine.
Secondo libro
Nel secondo canto Enea comincia a raccontare della caduta di Troia:
“Ma se desideri tanto di conoscere le nostre vicende
e di udire brevemente l’etremo travaglio di Troia,
sebbene l’animo inorridisca al ricordo e sempre si sia
abbandonato al pianto, comincero’.”
Enea sta narrando come i Greci hanno ingannato i Troiani inviandogli in dono un gigantesco cavallo di legno al cui interno erano nascosti uomini armati, mentre i Greci facevano finta di aver abbandonato la citta’ di Troia. Si suppone che il resto dei guerrieri greci sia tornato in Grecia, mentre questi erano nascosti dentro il cavallo per poter facilmente uscirne ed impadronirsi della citta’. Vicino al cavallo i Troiani trovano il falso prigionero greco, Sinone, che gli racconta come i Greci infatti intendevano lasciare Troia, ma erano fermati da una gran tempesta. Il profeta gli dice di dover sacrificare uno dei loro uomini e lo dovrebbe essere Sinone. Pero’, alla fine Sinone riesce a scappare e cosi’ i Greci lo lasciano qui. Sinone in seguito gli sta spiegando che il cavallo infatti rappresenta il dono alla dea Minerva che gli ha girato le spalle nella guerra. Inoltre li avverte che nessuno osi fare del male al cavallo per non far arrabbiare la dea Minerva.
Laocoonte anche prima cercava di avvertire i Troiani consigliadogli di distruggere il cavallo. Invita i Troiani a diffidare dei Greci:
“Di qualunque cosa si tratti, ho timore dei Danai
anche se recano doni. Disse, e avvento’ con vigore
gagliardo lo grande asta al fianco della fiera ed al ventre
dale curve gianture. Quella s’infisse vibrando e dall’alvo
percosso risuonarono le cavita’ e diedero un gemito le caverne.”
Dopo che Sinone aveva raccontato tutto cio’ che sapeva, due serpenti usciti dal mare si lanciano verso di lui e uccidono prima i due suoi figli, poi lo stesso sacerdote Sonone. Dopo questo terribile evento i Troiani portano allora il cavallo in citta’. Durante la notte Sinone fa uscire i guerrieri nascosti nel ventre del cavallo e apre le porte della citta’ all’esercito greco.
“Protetto dagli iniqui fati degli dei,
Simone libera furtivo i Danai chiusi nel ventre
e il serrame di pino.”
Enea, ignaro di tutto, sta dormendo nella sua casa. In sogno gli appare Ettore parlandogli dell’orribile evento e annunciandogli la caduta di Troia. Enea si risveglia e si reca verso la citta’ per lottare contro l’esercito greco. Nonostante tutti i suoi sforzi alla fine non riesce a salvare la sua citta’ perche’ i Greci erano in piu’ rispetto ai Troiani. Di seguito incontra Panto che gli spiega cosa e come e’ successo:
“Ergendosi alto nel mezzo delle mura il cavallo
scaglia armati e vittorioso Sinone provoca incendi,
ingiuriando. Altri si presentano alle porte aperte a due battenti
quanti migliaia vennero mai alla grande Micene.”
Enea riesce a raccogliere altri suoi coraggiosi compagni, tra cui Corebo e molti altri. I Greci riescono anzi a catturare la vergine Cassandra e a maltrattarla. Lottandosi per salvarla sono caduti molti compagni di Enea. Enea arriva al palazzo di Priamo e ci narra come e’ andato a finire lo stesso Priamo:
“Forse mi chiederai quale fosse stato il fato di Priamo.
Quando vide la caduta della citta’ presa e le soglie dei tetti
Sradicate e il nemico in mezzo agli interni,
circonda inutilmente le spalle tremanti dall’eta’ e cinge
l’inutile ferro e si prepara a morire tra i fitti nemici.”
Priamo viene ucciso da Pirro. Di seguto Enea racconta il suo incontro con Elena, che si nascondeva dietro l’altare. Ci confessa di aver sentito la sua anima ardere per la rabbia verso lei. Per questo decide di ucciderla tenedola la prima causa di tutta la rovina. Pero’, ci interviene Venere assicurandolo che Elena non sia colpevole per la guerra, ma i Dei. Inoltre lo incita di scappare dalla citta’ insieme alla sua famiglia. Enea se ne va con suo padre, con la moglie Creusa, col figlio Ascanio e con gli altri cittadini di Troia. Mentre stavano correndo verso l’uscita della citta’ Creusa non e’ riuscita a salvarsi ed e’ rimasta persa dentro le mura della citta’. Enea torna per cercar di trovarla, ma lei gli si appare come ombra, raccomandandogli di non essere triste, di vigilare sempre sul loro figlio e che un’altra moglie lo aspetta.
Terzo libro
Nel terzo canto Enea continua a raccontare la sua storia. Dopo essere scappati da Troia, si fermano ai piedi di Antadra dove si mettono a costruire le sue navi. Di seguito se ne vanno in Tracia dove Enea intende offrire il sacrificio agli Dei. Pero’, comincia a colare il sangue scuro dall’arbusto da dove raccoglieva dei rami (“A cotal suon, da dubbia tema oppresso, Stupii, mi raggricciai, muto divenni”) e l’albero gli si rivolge. L’anima si presenta come Polidoro, il figlio del re Priamo e di Ecuba. Priamo ha mandato suo figlio presso il re di Tracia per salvarlo dalla guerra. Nonostante le promesse del re di Tracia di curarsi di Polidoro e di tenerlo al sicuro, dopo la caduta di Troia, il re si mette dalla parte della Grecia e lo uccide. Lo spirito di Polidoro dice ad Enea di andarsene da quelle terre. Dopo il funerale in onore di Polidoro, Enea parte con gli altri suoi esuli. Giungono all’isola delle Cicladi (Delo) dove Apollo gli consiglia di trovare la terra dei suoi antenati. Il vecchio Anchise, il padre di Enea, credeva che la sua terra d’origine fosse l’isola di Creta, da dove proviene uno dei padri di Troia, il capostipite Teucro. Al contraio, Apollo si riferiva all’Italia.
Enea si reca con i suoi compagni all’isola di Creta dove iniziano a costruire una nuova citta’. Pero’, dopo un po’ rimangono colpiti da un’orribile peste. Ad Enea compaiono i Penati di Troia in sogno dicendogli che il vecchio Anchise non abbia ragione e che la terra della sua vera origine infatti sia l’Italia. I Troiani riprendono il viaggio, ma questa volta approdano nelle isole Strofadi dove abitano le Arpie, creature con viso di donna e corpo d’uccello.
“Ma improvise con orribile discesa dai monti compaiono
le Arpie e scuotano con grandi strida le ali,
ghermiscono I cibi e lordano tutto con immondo
contatto: s’odono lugubri strida tra il lezzo.”
I Troiani decidono di uccidere delle mucche e capre per sfidare le Arpie a duello. Una di loro gli predice che non potranno fondare la citta’ destinata finche’ non saranno colpiti da una terribile fame che li costringera’ a consumare con le mascelle la tavola da cui potrebbero mangiare. Dopo il conflitto con le Arpie si recano verso l’Epiro (nell’odierna Albania) dove incontrano Andromaca, moglie di Ettore, ed Eleno, figlio di Priamo. E’ proprio Eleno a consigliare ad Enea di non andare dove abitano i Greci e di stare attento alle insidiose Scilla e Cariddi. I Troiani approdano sulle coste di Etne dove incontrano Ahemenide, un compagno di Ulisse e il quale adesso vive in estrema miseria e paura del ciclope Polifemo. Tutti loro insieme ad Ahemenide riprendono il mare ed arrivano fino al porto di Drepano, dove muore il padre di Eneide, Anchise. Qui Enea termina il racconto.
Quarto atto
Pur essendosi giurata di non sposarsi mai piu’ dopo la morte del suo marito Sicheo’, Didone adesso confessa queste parole a sua sorella Anna:
“Anna, te lo confessero’ infine, dopo la morte del povero marito Sicheo’
e dopo che la casa fu insaguinata dalla strage fraternal,
egli soltanto ha toccata I miei sensi e mi ha smosso l’animo cosi’ da renderlo vacillante.
Riconosco I segni dell’antica fiamma.”
La sorella Anna le consiglia che la collaborazione di Troiani e Cartageni sarebbe un’ottima impresa per far crescere il loro potere. Compare Giunone a cui piece l’idea che Enea rimanga a Cartagine perche’ cosi’ non riuscira’ mai a raggiungere l’Italia. Facendo finta di voler fare la pace con Venere, Giunone le dice di dover trovare insieme un modo che Enea e Didone rimangano da soli. Come la ragione, le menziona che cosi’ i Troiani finalmente saranno salvati e lasciati in pace, mentre la discordia tra loro due finira’ una volta per sempre. Anche se Venere sa molto bene che Giunone intende farlo per tenere i Troiani lontano dall’Italia, eppure cede ed acconsente.
L’indomani Enea e Didone partono a caccia. Giunona provoca una gran tempesta e loro due, sorpresi dalla pioggia, si rifugiano in una grotta per salvarsi. Li’ si uniscono, rapiti dalla passione, mentre dopo quell’avvenimento comincia a girare la voce che anzi si sposino. Pero’, si fa sentire Giove rivolgendosi tramite Mercurio ad Enea e ricordandogli la sua missione verso l’Italia.
“Enea, preso da subito spavento,
Destossi, e fe destar la gente tutta:
Via, compagni, dicendo ai banchi, ai remi;
Ch’or d’altro uopo ne fa che di riposo.
Fate vela, sciogliete, chè di nuovo
Precetto ne si fa dal cielo e fretta.”
Enea cerca di scapparne con i suoi compagni senza essere notato, pero’ la regina lo raggiunge rabbiosa e gli ricorda il loro amore. (“Quando d’un’alta loggia la regina tutto scoprendo, poi ch’a piene vele vide le frige navi irne a dilungo”) L’arrabbiata Didone lo offende, mentre lui sentendo la compassione verso lei cerca di scusarsene dicendole: “Non mi muove la propria voglia verso le terre italiane.” Certo, Didone non accetta le sue scuse e gli rivolge le seguenti parole:
“Avrei portato le fiamme nell’accampamento,
riempito di fuochi le tolde, estinto
il figlio ed il padre con la stirpe, e posto me stessa su quelli.
Sole, che illumini di raggi tutte le opere delle terre,
tu pure mediatrice e consapevole di questi affanni,
Ecate ululata nelle citta’ nei trivi notturni
e Dire vendicatrici e dei della morente Elissa,
accettate questo, volgete ai malvagi la giusta vendetta
e ascoltate le nostre preghiere.”
Didone prega a sua sorella di andare dai Troiani per cercar di farli rimanere, pero’ nemmeno lei ci riesce. Piena di rabbia, ordina alla sorella di accedere il fuoco dove lei potra’ bruciare i ricordi, le armi e i vestiti dei Troiani. Anna acconsente non sospettando che Didone cosi’ si stia preparando per la propria morte. Mercurio si fa sentire di nuovo in sogno di Enea ricordandogli di non rimandare piu’ il suo viaggio destinato. Enea convoca il suo popolo dicendogli di dover recarsi verso le navi. Didone, appena vede le navi pronte per il viaggio, si getta sullo stesso rogo, trafittasi con la spade lasciata da Enea.
Quinto canto
Il viaggio prosegue. Per i venti molto forti la flotta giunge in Sicilia. Qui li accoglie il re Ageste. Reso conto che e’ gia passato l’intero anno dalla morte di suo padre, Enea decide di organizzare in onore del padre giochi funebri, sacrifici e banchetti. Il nono giorno entrano in competizione le flotte cioe’, la gara delle navi, tra cui vince Cloanto. Cloanto ne esce come vincitore grazie alla preghiera rivolta al dio Nettuno. Dopo segue la gara di corsa in cui vince Eurialo. Poi in gara di pugliato tra Darete ed Entello vince Entello, mentre in gara con l’arco vince Aceste grazie ad un prodigio (altrimenti avrebbe vinto Euritione).
Intanto, la rabbia di Giunone avvampa e lei coll’aiuto di Iride aizza le donne troiane perche’ brucino le navi. Le donne, stancate per tanti viaggi dei loro mariti, accettano la sfida. Pero’, il piano di Giunone non e’ riuscito perche’ Enea invoca l’aiuto di Giove il quale di seguito manda la pioggia e spegne l’incendio. Nell’incendio i Troiani perdono solamente le quattro navi. Enea, colpito e confuso per l’accaduto, non sa se stabilirsi nel luogo o andare Avanti, in Italia. In sogno gli appare il padre Anchise consigliandogli di partire per l’Italia. Enea chiama i suoi piu’ bravi compagni e riprende il viaggio verso l’Italia, mentre quelli non tanto coraggiosi lascia insieme alle donne in Sicilia. Venere prega Nettuno di concedere un viaggio tranquillo ad Enea cosiche’ lui potrebbe avviandosi verso il mare.
Sesto canto
I Troiani finalmente arrivano alle coste italiane. Sbarcato a Cuma, Enea si reca dalla Sibilla, la profetessa della religione greca e romana. Dopo aver seppellito Miseno, Enea chiede alla profetessa se possa scendere nell’oltretomba per vedere suo padre. Lei gli consiglia che, prima di raggiungere il mondo sotterraneo, debba trovare il segno, cioe’ un ramo d’oro che si trova nella vicina foresta. Gli dice anche che, solo se riesca a staccare il ramo dal suo tronco, gli si aprirano le porte del mondo dei morti. Enea rimane disperato perche’ gli sembrava quasi impossibile compiere il compito visto che il bosco era troppo grande. Pero’, compaiono le colombe ad indicargli la via verso il tronco col ramo d’oro. Dopo everci riuscito, viene accompagnato dalla Sibilla nel mondo dei morti. Subito all’entrata approdano sulla riva del fiume Acheronte, oltre il quale inizia l’Averno vero e proprio. Enea ci vede Caronte, nocchiero infernale, che trasporta verso il mondo sotterraneo solo le anime dei sepolti:
“Queste acque e i fiumi custodisce Caronte,
orrendo nocchiero nella sua terribile asprezza,
che porta sul mento una folta e incolta barba bianca,
stanno fissi gli occhi fiammeggianti
e un sordido mantello gli pende dalle spalle legato con un nodo.
Egli stesso spinge la barca con un palo,
la governa colle vele e traghetta sulla navicella di cupo colore,
ormai vecchio, ma per il dio quella vecchiaia è ancor fresca e verde.”
Enea subito si rende conto che non tutte le anime hanno il permesso di entrare nel mondo dei morti. Cioe’, le anime non sepolte devono attendere per cento anni per essere trasportate nell’oltretomba. Dopo che Caronte li trasporta attraverso il fiume di Stige, arrivano all’Antiferno dove Enea incontra Didone che gli parla:
“O infelice Didone, mi era dunque giunta vera la notizia che eri morta
e che avevi seguito il tuo fato col ferro?
Ahimé, io sono stato la causa della tua morte? Giuro per le stelle
e per gli dei celesti e se qualche fede esiste sotto la profonda terra,
contro voglia, o regina, mi sono allontanato dal tuo lido.
Ma gli ordini degli dei, che ora mi costringono ad andare tra queste ombre,
per questi orridi luoghi infernali e per la profonda notte mi spinsero coi loro comandi.
Né ho potuto credere di arrecarti un così grande dolore con la mia partenza.”
Giungono in seguito ai campi dove si trovano gli eroi famosi, caduti in guerra. La’ vedono molti che sono morti durante la guerra di Troia. Ben preso giungono ai Campi Elisi, sede dei uomini illustri, dove Enea s’incontra con suo padre. Il padre lo accoglie con amore, infiammando di gloria l’anima di suo caro figlio. Gli parla delle anime che si trovano nei Campi Elisi e anche di quelle che appena arriveranno al mondo, destinate a glorificare la Roma eterna. Poi lasciano il mondo dei morti e riprendono il mare alla volta di Gaeta.
Settimo canto
Enea insieme ai piu’ bravi Troiani approda presso la foce del fiume di Tevere. Giunto alle foci del Tevere, risale il fiume fino a Laurento. Qui, nel Lazio regna il re Latino, padre di un’unica figlia, Lavinia. Dopo tante proposte matrimoniali, suo padre decide di dare la sua mano a Turno, re dei Rutili che regna una terra vicino al Lazio. Il re Latino e’ molto preoccupato vedendo avverarsi l’antico presagio, cioe’ che la sua terra sara’ sconfitta da uno straniero. Si reca all’oracolo dove viene consigliato di dover dare la mano di sua figlia Lavinia ad uno straniero, venuto di lontano. Intanto Enea insieme ai suoi compagni mangia sulla riva. Prima mangiano le frutta e dopo il pane rimasto. Osservando questo, Ascanio viene preso dalla paura che la profezia che dice che un giorno mangeranno anche la tavola da cui si mangia (il pane si riferisce alla tavola), stia per realizzarsi. Il giorno seguente Enea manda i suoi messaggeri al re Latino con i doni e loro pregano il re che gli regali un pezzo della sua terra perche’ possano cominciare una nuova vita. Latino gli concede di fondare una citta’ e promette ad Enea in sposa sua figlia Lavinia.
Giunone e’ arrabbiata di nuovo perche’ non e’ riuscita a tenere i Troiani lontano dalle coste italiane. Per sfogare la sua rabbia manda la furia Aletto a suscitar discordie tra i Troiani. Aletto ci riesce. Scoppia la guerra in cui il re Latino rimarra’ da parte avendo paura della profezia. Nel frattempo Turno, spinto da un atroce desiderio di vendetta, chiama a raccolta il suo esercito per muovere guerra a Troiani e Latini insieme.
Ottavo canto
Mentre Turno sta riccogliendo l’esercito Enea si reca a cercare aiuto dalle cita’ vicine. Una notte il dio Tiberio appare in sogno di Enea suggerendogli di chiedere aiuto al re Evandro che regna la citta’ di Pallanteo. Evandro promette di aiutare Enea e i suoi compagni in guerra contro Latino e Turno e invita Enea ad un banchetto. Di seguito apprendiamo che Evandro e’ scappato dall’Arcadia dopodichde’ costruisce la sua nuova cita’ sulla collina di Palatino. Intanto Venere e’ di nuovo preoccupata di suo figlio e per questo prega Vulcano, il dio del fuoco, di forgiare un’armatura ad Enea con cui potrebbe vincere il re Latino e il suo popolo. Vulcano ordina ai Ciclopi di costruire l’armatura nell’interno del vulcano di Etna. La mattina seguente Evandro scieglie i piu’ bravi cavalieri per dare ad Enea il suo miglio sostegno.
Vulcano da l’ordine ai Ciclopi di fare la nuova arma nella grotta dell’Etna. La mattina seguente Evandro chiama i guerrieri che vanno mandati in Guerra, mentre nel frattempo prega i popoli vicini di aiutare Enea. Alla fine il loro esericito conta un paio di migliaia dei guerrieri. Evandro anzi invia suo figlio Palante in guerra. Enea insieme a lui si reca verso Etruria per raccoglire altri guerrieri, mentre Venere arriva a regalargli la nuova arma e lo scudo su cui erano incise le scene piu’ gloriose della storia romana, da Romulo e Remo e fino all’imperatore Augusto, il che era particolarmente piacevole per Enea.
“Qui le vicende italiche e i trionfi dei romani
non ignaro dei risponsi o ignaro del tempo che
stava per venire aveva formato l’ignipotente e
qui tutta la generazione della sirpe futura da Ascanio
e le guerre e le battaglie per ordine.
Aveva fatto anche fresca di parto nel verde antro
la lupa di Marte e i gemelli intorno alle poppe
a questo scherzavano e la madre succhiavano
e quella girando il collo ben tornito leccava
l’uno e l’altro e i corpi modellava con la lingua.”
…
E non lontano da qui Roma, e la folla che siede
durante i grandi giochi del circo.”
Nono canto
L’arrabbiata Giunone appare di nuovo mandando Turno dalla dea Iride per avvisarla che Enea se ne fosse andato e che proprio ora fosse il tempo giusto per attacco. Turno allora, approfittando dell’assenza di Enea, manda il suo esercito contro i Troiani. I Troiani, dopo essersi accorti dell’esercito, trovano subito un nascondiglio perche’ non volevano iniziare la battaglia senza di Enea. Accorto di non essere in grado di attaccarli, Turno decide di bruciare le flotte di Enea e dei suoi compagni. In quel momento appare Giove che le flotte bruciate trasforma in Ninfe. Pur avendo notato che non ci fossero riusciti, Turno non rinuncia al suo piano di distruggere Enea e percio’ decide di porre assedio al campo troiano. Intanto i Troiani mandano Eurialo e Niso a raggiungere Enea per farlo sapere di cio’ che sta succedendo. Dato che hanno preso il viaggio durante la notte, lungo la strada hanno trovato molti cavalieri latini addormentati e decidono di farne strage. Sul far della mattina Eurialo e Niso si trovano ancora nel campo dei Rutuli. Eurialo decide di prendere come trofeo elmetto del capitano latino. Usciti dal campo dei Rutuli, vengono intercettati da un gruppo dei cavalieri latini e alla fine vengono uccisi. I Latini fanno infilzare le loro teste su due picche mostrandoli cosi’ ai Troiani. Turno allora decide di attaccare i Troiani. Inizia una gran battaglia in cui Ascanio, il figlio di Enea, aveva molto successo. Anche se all’inizio sembrava fosse impossibile che i Troiani vincessero, il numero dei cavalieri di Turno stava diminuendo sempre di piu’. Alla fine turno entra nell’acqua per raggiungere nuotando il suo esercito.
Decimo canto
Anche se Giove era convinto che Enea potesse costruire in pace la sua nuova citta’ destinata, alla fine si rende conto di aver sbagliato e ora e’ costretto di essere il testimone dei combattimenti orribili che si stanno svolgendo tra questi due popoli. Invoca tutti i suoi sudditi, cioe’ tutti gli dei dell’Olimpo. Giunone tiene Venere colpevole per tutto, mentre Venere considera Giunone sia colpevole per tutte le sofferenze dei Troiani e di suo figlio Enea. Giove non voleva interferire tra questi due lati facendoli cosi’ combattere per se stessi senza alcun aiuto e supporto divino.
Intanto la lotta tra Troiani e Latini continua a peggiorare. Enea torna con trenta nuove navi e con un sacco di aiutanti. Turno, appena vede le navi di Enea, ordina al suo esercito di recarsi verso la riva per attacare Enea. Inizia un’altra lotta che lascia dietro di se nuove numerose vittime. In questa lotta un gran successo particolarmente aveva Pallante, pero’ alla fine anche lui viene ucciso. La notizia della sua morte arriva ad Enea che lo rendo ancor di piu’ arrabbiato e per questo decide di farne strage non risparmiando piu’ nessuno. Intende uccidere Turno, pero’ non ci riesce perche’ alla fine Turno viene aiutato e salvato da Giunone stessa. Di seguito imbatte in re Mezenzio e lo uccide insieme a suo figlio.
Il primo giorno dopo la battaglia Enea vede il morto corpo di Pallante e percio’ tramite mille suoi cavalieri invia il corpo da suo padre Evandro. Nonostante la tristezza e dolore per la morte di suo figlio, il re Evandro e’ orgoglioso della sua morte gloriosa ed eroica. Augura ad Enea e al suo popolo tutta la felicita’ e successo contro l’esercito di Turno.
Undicesimo canto
Nel frattempo i Latini inviano i suoi messaggeri per concordare 12 giorni di pace perche’ ambedue i lati possano seppellire tutti i suoi caduti guerrieri. A questo punto torna anche Venulo per dire che Diomedo non abbia volute aiutare i Latini contro l’esercito troiano. A Latino diventa chiaro che non potra’ vincere i Troiani e quindi convoca un’assemblea durante cui propone la pace e di assegnare un territorio ai Troiani. Intanto arriva dai Latini un messaggero a dirgli che i Troiani si stanno avvicinado alla citta’ e che ben presto potrebbero attaccarli. I Latini si preparano alla battaglia per difendere la loro citta’ e anzi vengono aiutati da Camilla, la ragazza guerriera. Segue una nuova battaglia, famosa anche per le imprese di questa guerriera. Lei riesce ad uccidere molti Troiani, pero’ alla fine viene pure lei uccisa da Amunte.
Dato che Enea intendeva entrare dentro la citta’ tramite un passare, Turno decide di seguirlo. Pero’, dopo aver sentito che Latini stanno perdendo la guerra, si reca verso loro per aiutarli. Enea ne approfitta e riesce ad entrare nella citta’.
Dodicesimo canto
Turno decide di combattere contro Enea per salvare la sua citta’ e per conquistare la mano di Lavinia. Il re latino e sua moglie desiderano che Turno cambi l’idea per salvarsi la vita, pero’ lui preferisce il rispetto alla vita. Lui anche spiega ad Enea la sua decisione e lo convince di accettare la sfida. Al duello testimoniano tutti gli altri guerrieri. Giunone rimane preoccupata di Turno e decide di intervenire di nuovo. Convince Giuturna, la ninfa sorella di Turno, a radunare l’esercito e mandarlo all’attacco. Un Rutulo uccide con la lancia un Troiano e proprio quello era la ragione per un nuovo assalto.
Enea viene ferito, pero’ subito viene curato dalla madre Venere. Si riprende e cosi’ viene pronto a ritornare a combattere. Non potendo trovare Turno, decide di conquistare la citta’ di Latino. La moglie di Latino, Amata, credendo che Turno sia morto, si toglie la vita. Averlo sentito, Turno invita di nuovo Enea a duello per porre fine su questa orribile guerra.
Il giorno seguente si svolge un’altra battaglia, mentre Giunone e Giove la stanno osservando. Giove rimprovera l’intervento di Giunone dicendole che non valga la pena esserci coinvolto visto che e’ ovvio come andra’a finire il duello. Giunone decide di ritirarsi e di lasciare in pace l’esercito troiano, pero’ in cambio esige che i Troiani prendano il nome dei Latini accettando anche la loro lingua come la sua. Ci acconstente anche Giove. Allora lui manda sulla terra una furia in forma di uccello per far spaventare Turno e proprio in quel momento Enea lo ferisce in con l’asta. Turno prega Enea che abbia pieta’ di lui e lui accetta di risparmiargli la vita. Pero’, all’improvviso viene preso da un impeto di rabbia e affondendo la sua spada nel petto di Turno lo uccide.
Personaggi: Enea, Didone, Sinone, Laoconte, Turno, Jupiter (Zeus), Giunone (Hera), Venere (Afrodite), Minerva (Palada), Nettuno (Poseidone), Mercurio (Hermes o Ermete)…
Analisi dei personaggi
Enea – il personaggio principale del poema. Il capo e un gran eroe che mena il suo popolo troiano verso una nuova citta’. Dopo la caduta della citta’ di Troia diventa vittima dei numerosi guai ed e costretto di errare a lungo per mari, finche’ un giorno non arriva in Italia, nella sua nuova patria. E’ figlio di Anchise e dell’immortale Venere, cioe’ della Dea di bellezza. La sua missione e’ di salvare il suo popolo facendoli uscire dalla distrutta Troia per poi costruire per tutti loro una nuova patria in Italia.
Il suo personaggio anzi potrebbe essere definito come una figura sottomessa completamente al voler degli dei. Infatti, Giunone e’ arrabbiata col popolo troiano e non smette di peseguitare Enea dovunque lo trovi. Enea d’altra parte e’ ben consapevole della profezia divina e rispetta la volonta’ degli dei, nonostante il suo amore verso Didone e il suo desiderio di rimanere per sempre con lei. Proprio per questo Enea non possiede tutte le caratteristiche di un vero eroe. E’ vero che lui e’ un bravo figlio e cittadino esemplare, buon padre e anche una figura che incarna tutte le virtu’ dei grandi personaggi romani, pero’ ogni tanto ha momenti di incertezza e di dubbio, proprio per la pressione della profezia divana che deve essere compiuta prorio da lui.
Didone – la regina della citta’ di Cartagine, arrivata nella citta’ cercando di scappare da suo fratello Pigmalione. Infatti, Didone sarebbe dovuta sposarsi con Sicheo, un ricco Fenico, ma lui viene ucciso da Pgmalione che voleva impadronirsi del suo ricco regno. Sicheo appare in sogno di Didone dicendole di dover scappare dopodiche’ lei si reca verso Cartagine. Anche se Didone, dopo la morte di suo marito, si giura di non amare nessuno mai piu’, eppure si innamora di Enea accogliendolo nel suo regno, non essendo consapevole della profezia che va compiuta. Dopo che Enea la abbandona, lei decide di morire suicidandosi con la spade del suo amato Enea.
“Felicemente conferiva i diritti e la legge al suo popolo,
curandosi del suo lavoro e futuro e
compassionava sempre nel suo dolore.”
Didone e’ il contraio di Enea perche’ viene condotta dalla passione e non dalla profezia divina. E’ anche il simbolo della vittima che, secondo la profezia, deve essere abbandonata perche’ Enea riesca a raggiungere l’Italia, la sua nuova patria destinata.
Turno – il protettore di Giunone. Molto coraggioso, ma anche pieno di orgoglio e rabbia. Chiede la mano a Lavinia ed intendeva diventare il suo marito. Appreso che il re Latino ha dato la mano di sua figlia ad Enea, arrabbiato prende la decisione di sconfiggerlo. Pero’, anche lui diventa la vittima perche’ la profezia divina possa avverare.
Publio Virgilio Marone biografia
Publio Virgilio Marone, un gran poeta romano nato il 15 ottobbre 70 a.C. a Brindisi, nel nord Italia. Anche se non proveniva da una ricca famiglia, suo padre si e sforzato che suo figlio ottenga una formazione che mertita. Durante la sua giovane eta’ frequenta le scuole dell’Italia, per lo piu’ a Milano e Cremona. A Roma frequenta la scuola di eloquenza, medicina e filosofia.
Era una persona abbastanza timida e chiusa in se e per questo non aveva molti successi come oratore. Per la sua timidezza evitava di essere spesso in pubblico e per questo molti lo chiamavano Parthenias. Nonostante il suo carattere ritirato, grazie alle sue gloriose opere riesce a lasciare un gran impatto su molti scrittori europei.
Nel periodo tra 37. e 30 a.C. scive il poema didascalico, “Georgica”.
La sua vita e’ trascorso per lo piu’ vicino a Napoli, ma anche a volte visitava la Sicilia. Era un famoso poeta romano nel periodo di Augusto ed amava molto i poeti e filosofi dell’antica Grecia.
Viveva sulla corte del re Augusto e prorio la l’hanno convinto di scrivere “l’Eneide”, il poema epico composto di 12 canti (libri) e 9.896 esametri, in cui narra la storia di Enea, esule da Ilio e fondatore della divina gens Iulia.
Per la sua fragile salute muore in Calabria, il 20 settembre 19 a.C., ma il suo corpo e seppelitto a Napoli.